mercoledì, agosto 30, 2006

Alan M. Turing

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"Alan Mathison Turing morì suicida nel 1954 all'età di quarantadue anni, dopo aver mangiato una mela intinta nel cianuro. Durante la seconda guerra mondiale fu il cervello umano di un ente di spionaggio, e riuscì a decodificare il codice di trasmissione tedesco (l'Enigma), fornendo cosi alla marina inglese le comunicazioni nemiche su un piatto d'argento. Dopo la guerra tentò inutilmente di dare all'Inghilterra un altro vantaggio sostanziale, con la costruzione di un cervello elettronico universale (un computer moderno), basato sugli studi teorici che egli aveva effettuato da studente, a ventitré anni, inventando quella che oggi si chiama macchina di Turing. A titolo di ringraziamento per i suoi servizi l'Inghilterra dapprima lo decorò con l'Ordine dell'Impero Britannico, poi lo fece membro della Royal Society, ed infine lo processò per atti osceni in quanto omosessuale (in una causa chiamata, secondo l'uso, la Regina contro Turing), condannandolo ad una cura ormonale che lo rese impotente e gli fece crescere il seno." ( 1)

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macchina Enigma

"Turing fu un uomo piuttosto colorito. Ebbe una passione per esperimenti ed invenzioni fin dall'infanzia (che prefiguravano un interesse per aspetti applicativi della scienza), e per la bicicletta e la corsa dall'adolescenza fino alla morte (che mostrano un interesse per l'attività fisica oltre che intellettuale, contrario alla cesura fra 'atleti' ed 'esteti' allora d'obbligo nella vita universitaria, e che sarà all'origine dei suoi guai). Il suo aspetto era trasandato, con la barba sempre lunga e le unghie sporche. Fu infantile (ad esempio, si fece regalare un orsacchiotto di pezza per Natale, a ventidue anni) e antiaccademico (il che fu una delle cause per le sue ripetute difficoltà nell'avere un lavoro universitario: era ancora assistente a trentasei anni). Canticchiava per giorni l'incantesimo della strega malvagia di Biancaneve (sulla mela velenosa), quindici anni prima di scegliere tale metodo per suicidarsi. Seppellì lingotti d'argento durante la guerra in modo così sicuro da non riuscire a ritrovarli dopo la fine. Non sopportava gli sciocchi, ed abbandonava le conversazioni vuote e le compagnie idiote repentinamente, e senza una parola di commiato. Imparò a fare la maglia da una ragazza che aveva deciso di sposare, nonostante la propria omosessualità. Andava in bicicletta con la maschera antigas durante il periodo dell'impollinazione, per evitare la febbre da fieno, o avvolto in tela cerata gialla durante la stagione delle piogge. Legava la tazza da tè al termosifone con un lucchetto, per evitare che gli fosse rubata. Portava la giacca del pigiama al posto della camicia, e pretendeva di poter lavorare quando si sentiva (in particolare, di notte e fuori dell'orario di ufficio), anche sotto regime militare. Gettava nel cestino le lettere della madre senza leggerle, dicendo che ella stava certamente benissimo. Faceva calcoli, anche durante le conferenze pubbliche, con numeri in base 32 scritti all'indietro (come si dovevano inserire nel computer). Giocava a tennis nudo sotto un impermeabile, e non disdegnò di discutere con un bambino se Dio avrebbe preso il raffreddore se si fosse seduto sulla nuda terra." (1)

Cazzate a parte questo geniale fisico-matematico trovò il tempo per porsi in termini moderni la questione deel'intelligenza artificiale: le macchine pensanti.


"Possono pensare le macchine? Risposta: certo, non solo le macchine potranno pensare, ma questa domanda apparirà bizzarra nel giro di appena cinquant’anni. Cinquant’anni adesso sono passati e tutto sommata la domanda ci appare ancora bizzarra, il che però non rende meno importanti le sue argomentazioni. Per Turing pensare non implica stati di coscienza, ma solo la capacità di agire come un essere umano. Non dobbiamo chiederci cosa c’è “dentro” chi agisce. Se il comportamento esterno è “indistinguibile” non abbiamo diritto di discriminare tra uomini e macchine. Per Turing un calcolatore in grado di rispondere a domande di un essere umano senza far scoprire all’interlocutore la sua natura di macchina può essere definito “intelligente”. Propone a questo proposito un test poi divenuto molto celebre proprio come “test di Turing”. Immaginiamo di conversare (via telescrivente nel 1950, facendo chat oggi) con alcuni interlocutori remoti: alcuni sono esseri umani, altri macchine appositamente programmate. Noi non sappiamo chi c’è dall’altra parte, persona o macchina che sia. Se la conversazione procede per un tempo abbastanza lungo, su argomenti disparati, con una certa fluidità e in modo che non ci sia possibile stabilire chi fra gli interlocutori è umano e chi no, diremo che anche le macchine “pensano”, sono cioè in grado di “comprendere” il linguaggio. Secondo Turing la ripugnanza che proviamo ad ammettere una cosa del genere deriva da un pregiudizio, da una mancanza di abitudine. Se “vediamo” la macchina non le attribuiamo la capacità di comprendere, mentre se operiamo “al buio” i nostri pregiudizi non si attivano. Pregiudizi che operano anche nel senso opposto: diamo per scontato che le persone “comprendano” quanto viene loro detto solo perché ci “assomigliano”. Se le sottoponessimo al test, molte di loro non lo superebbero, sostiene Turing con una punta di aristocratica superiorità intellettuale.
In ultima analisi – a suo parere - non abbiamo nessuna prova che gli esseri umani possiedano stati mentali. Perché dobbiamo essere più severi con le macchine che con gli uomini? Nella vita di tutti i giorni non solo non abbiamo le prove che gli altri hanno degli stati mentali, ma a volte ci sembra addirittura di avere le prove del contrario, cioè che non li abbiano. Alla fine magari ci adattiamo alla “educata convenzione che tutti pensino”, ma per l’appunto si tratta di un atto più da galateo che di un vero e proprio riconoscimento dell’altro."
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Il test
Quella a cui fa capo la concezione di Intelligenza artificiale per Turing è la cosiddetta tesi operazionale: si considera intelligente una macchina se "produce" comportamenti "intelligenti", qualsiasi sia il metodo che impiega. Una macchina si definisce intelligente se riesce a emulare i comportamenti umani. Non importa come faccia, l’importante è che dall’esterno i suoi comportamenti possano essere giudicati intelligenti. Il problema è trattato nell’ormai storico articolo del 1950 Computing machinery and intelligence, Se quindi una macchina riesce a ingannare un'osservatore umano che interagisce con essa tramite un terminale allora di questa macchina possiamo dire che è realmente intelligente. E' questo il famoso test.

(1) - http://www.vialattea.net/odifreddi/bio/turing.htm

(2)-http://www.paoline.it/content/article.asp?intIdArea=2&intIdCategory=23&intIdArticle=1102&

Nei prossimi post pubblicherò la traccia del test di Turing, al quale vi sottoporrò tutti. Infatti inizio ad avere la fastidiosa sensazione che alcuni di voi siano dei fottuti replicanti...

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